Apice - La Pompei del '900 Sospesa nel Tempo

La Storia di Apice

Apice la troviamo menzionata per prima volta nell' VIII secolo, in un diploma di concessione del Principe longobardo Grimoaldo a Montecassino "sub Apice". Nel 1113 fu devastato dal conestabile beneventano Landolfo della Greca, per una rappresaglia contro i Normanni che molestavano i beneventani. Nel 1122, fu assediato da Guglielmo il Guiscardo, nel 1138 era tenuto da Rainulfo di Alife, che vi fu assediato da Ruggero il Normanno, il quale se ne impadronì, e lo diede al conte di Buonalbergo. Sotto gli Angioini fu teatro di sanguinosi conflitti, e nel 1417 cadde per poco in mano ad Attendolo Sforza. Nel 1494, fu occupato dai francesi di Carlo VIII ma appena partito questi, tornò contea. Nel 1647 anche Apice partecipò alla ribellione di Masaniello nel tentativo di liberarsi dal giogo feudale e spagnolo. Il comune fu devastato già da un primo terremoto del 1702, con epicentro nelle immediate vicinanze di Apice, che provocò una trentina di morti.
Il vero destino, almeno quello moderno, per Apice si compie prima il 21 agosto 1962  e poi definitivamente nel 1980. Difatti nel 1962 il centro fu duramente colpito da due scosse di terremoto del VI e VII grado della scala Mercalli, che devastarono il Sannio e l'Irpinia facendo 17 morti. Fu ordinata l'evacuazione dei 6500 abitanti, che si trasferirono in gran parte nel nuovo abitato sorto sul pianoro prospiciente il vecchio paese, ma la parte di quegli irriducibili che non vollero trasferirsi, furono costretti ad arrendersi al terremoto del 1980 lasciando il paese comletamente abbandonato.
 
foto Luciana Latte
foto Luciana Latte

Il Trasferimento

Gli abitanti, non senza polemiche e durissimi scontri verbali, si trasferirono così nel nuovo abitato che sorse sulla collina di fronte.
Da allora nulla è cambiato ad Apice, il paese, abbandonato dalla sera alla mattina, è rimasto congelato nel tempo, senza che nulla fosse profanato da restauri o rifacimenti. Le case di Apice, generalmente ad uno, massimo due piani, le scale interne in pietra, i bagni spesso ricavati all’interno di una stanza, magari protetti agli sguardi da un tramezzo di cartone, ii piani terra la cucina in muratura col focolare e un angolo per gli animali, la tipica architettura rurale del tempo è rimasta così intatta, consegnata ad un tempo ed un luogo che non muta mai. Camminado per questi luoghi si possono ancora trovare nelle case oggetti personali lasciati lì in una fuga frettolosa, come auto che non vollero mettersi in moto, foto o quaderni delle scuole, bottiglie ed oggetti di lavoro, insegne di botteghe, mobili e dipinti di famiglia. Un luogo affascinante, con un atmosfera mista tra il mistero, il sospeso, l'intrigante. Un museo a cielo aperto che parla di storia moderna, che fotografa la vita dell'uomo e della sua città di 60 anni fa, che ci racconta come eravamo, che ci mostra, in una esperienza unica da dove veniamo.

Apice vecchia

L’ironia della sorte è che un evento tragico quale il terremoto ha salvato Apice Vecchia. L’ha salvata fermandovi il tempo ed inducendo l’intera popolazione a trasferirsi a valle, spopolandola di fatto. Lo spopolamento ha impedito l'imbarimento dei luoghi, la loro profanazione ad opera di plastiche, insegne luminose, restauri arditi e prove di modernità urbana, violandone l’armonioso aspetto di un paese del meridione d’Italia. Per quanti vi si imbattono per la prima volta, l’impatto è strabiliante, avvertendo subito di essere capitato nel bel mezzo d’un museo.I sessant’anni di passato si avvertono immediatamente. I lampioni, le finestre, le grate, i vicoli ed i portoni ti riportano indietro. Il silenzio avvolge tutto, ti sorprende. Le dimore vuote, allo stesso tempo, inducono un certo senso d’inquietudine. Possibile che non ci sia nessuno? Nel corso di questi anni si sono susseguiti numerosi progetti di ricupero del vecchio abitato., ma ortunatamente l’antico paese, arroccato al suo castello, è rimasto inviolato, attaccato al suo tempo fermo. 
Castello di Apice - foto di Fiore Silvestro Barbato da commons.wikimedia.org/wiki
Castello di Apice - foto di Fiore Silvestro Barbato da commons.wikimedia.org/wiki

da Vedere

Sicuramente la cosa più affascinante e passeggiare per queste strade abbandonate dall'uomo e ferme nel tempo, godendo dell'atmosfera, del mistero e del silenzio. Oltre, sicuramnte da non perdere è il Castello Medievale, costruito in epoca normanna e che si trova nel centro storico. Oggi le sue stanze sono sedi del museo civico della civiltà contadina, di esposizione di reperti archeologici, di mostre e di altre attività culturali, nonché la Biblioteca comunale. Il castello ha una pianta a forma decagonale e difeso da possenti mura, l'edificio nel passato era dotato di quattro torri; oggi ce ne sono solo due al di sotto delle quali c'erano i sotterranei, adibiti ai prigionieri e, secondo alcuni, gallerie che permettevano di uscire dal paese in caso di assedio. Dentro le mura c'è un grande cortile con una fontanella che serviva l'acqua agli abitanti e per abbeverare gli animali.  Ad Apice c'è anche una fonte miracolosa scaturita per virtù di San Francesco d'Assisi. il Santo, attraversando il Sannio, si recò ad Apice e qui edificò per sé e per i suoi frati il Convento di S. Maria dell'Oliva. In quel tempo la contrada era povera di acqua, tanto che gli abitanti del luogo per fornirsene dovevano recarsi fino al fiume Calore. La leggenda narra che i monaci, nello scavare la fonte, trovarono ostacolo e non poterono smuovere un grosso sasso, per cui chiamarono San Francesco, il quale si curvò e con appena tre dita, cioè il pollice, l’ indice e il medio, sollevò il grosso macigno, facendo sgorgare acqua fresca, limpida ed abbondante. La fonte miracolosa è di fronte al luogo dove era situata la cella del Santo; si accede alla fonte entrando in una grotta e sul muro destro vi è una pietra su cui è incisa a seguente epigrafe: Fonte miracolosa scatorita dal P.S. Francesco – anno salutis nostrae MCCXXII Sul lato sinistro, invece, a ricordo del prodigio si conserva ancora il grosso macigno con le impronte delle tre dita del Santo. Si racconta che l'acqua, abbondantissima, è alimentata soltanto da tre gocce che cadono ad intervalli regolari; all'interno della fonte si scorge, scolpito sul masso, un frate con le braccia incrociate.

Apice oggi

Oggi Apice è divisa tra Apice Vecchia (appunto il centro storico abbandonato) e Apice Nuova (il nuovo paese dove furono costretti a trasferisi gli abitanti). Con i suoi 220 metri sul livello del mare, conta oggi una popolazione di circa 5.500 abitanti. Il clima vede temperature in gennaio comprese tra una minima di 3,8 °C e una massima di 10,6 °C, mentre quelle di luglio sono tra i 17,8 e i 30,5 °C.
Apice e tutta la provinica di Benevento permette un vero percorso del gusto: Frutto di antiche e consolidate tradizioni enogastronomiche, questa zona offre dai primi fatti esclusivamente di pasta in casa come gli “Scialatielli” preparati con sugo di agnello, ragù o accompagnati a legumi e conditi con olio extra vergine d’oliva. Eccellenza di questa terra sono la Soppressata del Sannio, i Taralli di San Lorenzello, i funghi di Cusano Mutri e il croccantino di S. Marco de Cavoti. Altre specialità come il carciofo di Pietrelcina, il prosciutto di Petraroia e il caciocavallo. Due dei più famosi vitigni autoctoni della Campania sono coltivati qui: la famosa Falanghina e l’Aglianico. La vera e propria chicca rimane tuttavia il famoso liquore “Strega”, che ricorda le Streghe del Benevento, preparato ancora secondo l’antica e misteriosa ricetta, ricca di erbe e spezie pregiate.
Ghost Town